Charlotte e le sue opere sono legate a doppio filo: l’una racconta l’altra e viceversa.
Il rapporto coi suoi lavori è stretto. Essi si slegano dal mestiere dell’arte, per diventare una raccolta di ricordi, pagine di un diario per immagini.
Per creare queste composizioni, così come un alchimista utilizza alambicchi e calderoni per preparare le sue pozioni, Charlotte si serve di uno strumento poco conosciuto, il bromografo, una macchina che mescola le proprietà della fotografia e dell’incisione.
Una raccolta di linee istantanee, una composizione di foto scattate in momenti diversi e che si manifesta sotto forma di montagna, ricordi di amori, sensualità e natura. Una varietà di approccio, a volte strati cata come una roccia e a volte impalpabile come l’aria.
Nel guardare la mostra cercherete di entrare nei suoi ricordi tramite gli indizi, i titoli e le descrizioni che Charlotte vi ha lasciato, scritti in una lingua anche in questo caso strati cata, un italiano spurio mischiato con inglese, francese e ammingo, la sua lingua madre.
Così come i ricordi di ciascuno di noi sono la somma di più esperienze, a volte così intricate da diventare incomprensibili per una persona esterna, le composizioni di Charlotte sono un intreccio di immagini, idee, contrasti, linee e vibrazioni che vanno a creare una trama, un pattern, un riverbero, come fossero la registrazione del rumore di fondo della sua mente.
Sergio Pietra